Prolungamento A27, la risposta sbagliata ai problemi del Bellunese

In un suo recente studio realizzato per l’università di Erfurt (D), il Prof. Matthias Gather, docente di Politica dei Trasporti e Pianificazione Territoriale, giunge alla conclusione che le grandi infrastrutture viarie sono il mezzo meno indicato per aumentare l’occupazione o per contrastare lo spopolamento nelle aree periferiche. Può avvenire, afferma l’esperto, che la decisione di realizzare una tratta autostradale venga presa perché la politica non ha un’altra soluzione per risolvere i problemi economici di una determinata regione. Può nascere allora un effetto placebo: prima o poi l’infrastruttura verrà ultimata, senza però che i problemi strutturali di quella regione siano stati affrontati. La ripresa allora si allontanerà ancora più velocemente e l’autostrada servirà solo come via di fuga per emigranti e pendolari, finché l’ultimo dei disoccupati troverà un lavoro da qualche parte.

Che la costruzione di autostrade non arresti lo spopolamento e non porti beneficio alle aree marginali è un dato di fatto. Due esempi vicino a noi: in Val Lapisina dopo la costruzione dell’A27 e nel Canal del Ferro con il passaggio dell’A23 si è verificato lo svuotamento dei paesi ed il crollo di ogni attività economica.

I fatti attestano, quindi, esattamente il contrario di quanto vanno ripetendo come un mantra l’europarlamentare Sernagiotto dei Conservatori e Riformisti e il prof. Giovanni Campeol, che hanno trovato nel comitato bellunese Vivaio Dolomiti una sponda.

Sernagiotto e Campeol si stanno facendo promotori dei soliti interessi che vedono nel cemento, nel traffico, nella devastazione di vallate ancora incontaminate motivo di sviluppo economico. Ma il comitato Vivavio Dolomiti, con alla testa il sig. Gianni Pastella, che obiettivo reale ha? Davvero pensa che un mirabolante “corridoio tecnologico” autostradale, su piloni altrettanto alti dei tralicci dell’alta tensione, sarebbe meno impattante degli stessi tralicci che sta tanto avversando, e potrebbe costituire la soluzione di tutti i problemi del Bellunese? Si rende conto Vivaio che sta facendo da spalla a chi sta rilanciando, minimizzandola, la costruzione di decine di piloni in cemento armato a sostegno di un’infrastruttura di 25m di larghezza più servitù, progettata per 10-13 milioni di veicoli l’anno, che si snoderebbe in una sequenza continua di viadotti, terrapieni e gallerie lungo la stretta valle del Piave e il Cadore centrale, per poi inoltrarsi nel verde Comelico, perforare la cresta di confine, sbucare nella bucolica Lesachtal e dirigersi infine verso la grande viabilità Mitteleuropea?
Una proposta che va in direzione diametralmente opposta rispetto a chi ha sinceramente a cuore la salute e la prosperità della popolazione bellunese.

Sulla base degli ultimi studi, per la sola tratta Pian di Vedoia – Pian de l’Abate, alle porte di Pieve di Cadore, la costruzione dell’infrastruttura comporterebbe l’installazione ben 17 cantieri di base o operativi, 8 milioni di m3 di materiali provenienti dallo scavo delle gallerie da stoccare in aree apposite in attesa di lavorazione e parziale reimpiego, all’incirca 270.000 viaggi di pellicani a 20 km/ora su e giù per la valle del Piave per almeno un lustro, ai quali andrebbero aggiunti i movimhttp://www.peraltrestrade.itenti di uomini e di materiali da costruzione…

In presenza di questi dati, di cui Vivaio non può non essere a conoscenza, e della Convenzione delle Alpi che impedisce ogni nuovo attraversamento autostradale della catena alpina, da poco ratificata e già rimessa in discussione, c’è da chiedersi come sia possibile che il comitato bellunese, nato per opporsi all’impatto di un ipotetico mega-elettrodotto, continui a parlare del corridoio autostradale come di un’infrastruttura “ecologica” ad impatto zero. C’è qualcosa che ci sfugge.

L’invito che rivolgiamo ai Bellunesi, ed in modo particolare agli abitanti della parte alta della Provincia, è di scrollarsi di dosso rassegnazione e indifferenza e tornare ad impegnasi nella difesa del loro territorio e dei loro diritti, evitando di finire nelle reti dei falsi profeti. Le nostre proposte riguardo la mobilità le abbiamo scritte mille volte negli ultimi dieci anni: viaggiano sulle rotaie, sulla riqualificazione della stazione di Calalzo come centro della mobilità, sul miglioramento del servizio pubblico su gomma non competitivo con la rotaia bensì complementare, sullo sviluppo dei servizi collegati alle piste ciclabili, sulla realizzazione delle varianti stradali per fluidificare il traffico dove necessario.

E che nessuno dica che siamo il solito comitato del NO, perché anche in questo caso sarebbe in malafede!

PERALTRESTRADE DOLOMITI
comitato interregionale Carnia-Cadore

www.peraltrestrade.it

04/10/2016

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