Smartphones: Così ci rubano i soldi dai cellulari

Il Fatto Quotitiano, 06.03.2013 – Navigare con lo smartphone può nuocere gravemente al portafoglio. A nostra insaputa. Non conta stare in guardia. Non serve segnarsi i minuti di chiamata o il numero di sms inviati o le pagine internet cliccate per non esaurire il credito in
pochi giorni. La truffa, quando si presenta, non lo fa con un biglietto da visita. Scatta quando meno te l’aspetti. E infila la sorte delle tue tasche nel vortice di una roulette russa. Si perdono dai cinque euro ogni settimana ai 20 euro fissi al mese (Iva esclusa). In cambio ti appioppano giochi, oroscopo, loghi, suonerie, programmi software, screensaver, file audio e video. Si chiamano servizi premium. Si traducono in addebiti forzati, cioè senza che nessuno ti abbia chiesto l’autorizzazione. Il tranello è questo: mentre si naviga su internet con smartphone o tablet ci si imbatte all’improvviso in un banner pubblicitario, e se si prova a chiuderlo, scatta l’iscrizione automatica al sito reclamato. E a pagamento.

Ogni mese arrivano circa 20 denunce all’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e centinaia alle associazioni in difesa dei consumatori. Gli operatori telefonici coinvolti (secondo quanto riportato dall’Agcom) sono Vodafone, Telecom Italia, H3G e Wind. I fornitori di contenuti chiamati in causa invece sono Neomobile, Zeng, Noatel, Tekka Lab, PartnerLive, Go Mobile, Buongiorno, David2 e Flycell. Al momento l’Antitrust ha avviato tre procedimenti sanzionatori, di cui uno si è già concluso: quello contro Telecom Italia, che dovra pagare una multa di 116 mila euro. Gli altri due sono a carico di due fornitori di contenuti.

L’inganno in realtà è alla luce del sole. I player truffaldini non si vestono sotto mentite spoglie. Nè impazzano come virus. E i gestori sono complici: il rapporto con i player infatti è regolato da un contratto finalizzato a stabilire il rispettivo guadagno. Esiste addirittura un codice di autoregolamentazione (il Casp) sottoscritto nel 2009 dai principali operatori di telefonia, Telecom Italia, Vodafone, Wind e H3G, cioè gli stessi sotto accusa. E da alcuni content service provider, Buongiorno, David 2, Neomobile, Zero 9. In teoria dovrebbero tutelarli; in realta. possono truffarli. Diverso il caso in cui è l’utente che aderisce consapevolmente al servizio premium fornendo attraverso web da fisso o con un sms il proprio numero di cellulare e il pin, precedentemente inviato dal content provider (via sms). In ballo ci sono sondaggi e inviti a concorsi improbabili.

Non bisogna essere giovani e quindi ingenui per cadere vittima di inserzioni e pop up fraudolenti. I più esposti infatti sono gli adulti. Il tempo di un click, su banner o un link pubblicitario, e oltre al danno. è assicurata la beffa. Se si prova a contattare il call center dell’operatore per chiedere aiuto, non sempre si riceve un’assistenza adeguata e tempestiva. In molti segnalano che l’operatore prima di disattivare il servizio indesiderato fa passare molti giorni. Intanto però lievitano gli addebiti, E il cliente è costretto a pagare bollette più esose o ricaricare subito il credito. Perché il rimborso non è affatto garantito. E cosi gestori e player fanno il loro gioco. L’Adico, associazione in difesa dei consumatori, che da settembre ha ricevuto oltre 300 denunce, dispensa alcuni consigli per scongiurare qualsiasi fregatura. Primo comandamento: chiedere un estratto del traffico telefonico per capire se la colpa è nostra oppure il conto salato deriva da questi trucchetti. Poi, non bisogna aprire gli sms che vengono inviati e che contengono contenuti a pagamento (basta una lettura per vedersi sottrarre tre euro in un colpo). Conservare tutta la documentazione (come eventuali email scambiate con player e gestori e conti telefonici per chi ha un abbonamento). Stanno lavorando a un aggiornamento del codice di autoregolamentazione, Ma intanto il danno è fatto. E nessuno è pronto a risarcire nessuno.

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