Proviamo a salvare i masi della Val Casies

Giorgio Mazzocchi

Nei giorni scorsi ho effettuato un’escursione a Longiarù, più precisamente a Seres, ove avevo trascorso una bellissima vacanza circa 30 anni or sono. Sono andato a rivedere la pensione ove avevo soggiornato per salutare i proprietari. Ho incontrato il figlio della signora che mi aveva allietato le serate con una gustosa cucina tradizionale. Ho potuto parlargli dopo che aveva finito di go-vernare le mucche. L’albergatore si è dichiarato soddisfatto della sua attività di agriturismo, che, mi ha spiegato, richiede la presenza delle mucche; al contrario, mi ha detto, l’agricoltura va molto male.
Al momento erano in corso lavori di ampliamento del vecchio maso, con la costruzione di alcuni box al piano seminterrato, l’aggiornamento degli impianti e l’ampliamento di un’ala dell’edificio, che per il resto è stato conservato così com’era, anche la sala da pranzo che mi ha rievocato i ricordi di tanti piacevoli momenti. 
Dall’episodio appena citato prendo lo spunto per alcune riflessioni.
Continua sistematico l’abbattimento di tanti masi, con la perdita di un patrimonio storico e cul-turale insostituibile e la volgarizzazione del paesaggio, che alla fine sarà riconoscibile solo grazie alla cornice dei monti, che per ora nessuno è riuscito a mutare. Da ultimo sembra che in Val Casies siano minacciati circa 20÷masi. Le giustificazioni addotte per l’abbattimento risiederebbero nella vetustà, nella scarsa luminosità, nella mancanza di isolamento termico, e soprattutto nella trasformazione socio-economica, che vede in crescita l’attività ricettiva alberghiera e in drammatico calo le attività agricole cui sono legati molti masi. L’abbandono dell’attività agricola a sua volta comporta un degrado del territorio, sia per l’aggressione del cemento nei confronti dei fondi abbandonati, sia per il venir meno della cura da parte degli agricoltori della regolazione delle acque superficiali, delle pendici, dei boschi e dei sentieri di montagna.
Vorrei quindi esporre alcune riflessioni allo scopo di sollecitare un dibattito capace a sua volta di interrompere il progressivo e finora inarrestabile processo di distruzione del patrimonio architettonico e culturale delle valli della Provincia. In particolare, con riferimento alla passeggiata a Longiarù, penso ad una soluzione di restauro conservativo dei masi, con trasformazione d’uso (in particolare per quei masi non ancora usati per attività alberghiera) ad attività di agriturismo. Pen-so ad un agriturismo „sobrio“, in cui si offre al cliente un alloggio confortevole, una cucina con prodotti propri, ma senza tutti quei servizi accessori, che non trovano spazio in un maso, quali piscine, saune, discoteche, etc. Ritengo, infatti, che in questi anni di crisi, sebbene ai numerosi alberghi di lusso non mancherà la facoltosa clientela internazionale, sia crescente una vasta platea di possibili clienti attirati da un albergo ospitale, dalla buona cucina e un prezzo ragionevole, da utilizzare come base per attività ricreative all’aperto, senza quindi necessità di proposte ludico-ricreative intramoenia.
Già un paio di anni fa, da questo stesso foglio, avevo suggerito agli amministratori – proprio a seguito della profonda delusione per l’abbattimento di un antico maso in Val Casies – che la Provincia bandisse un concorso di idee per premiare la migliore soluzione di ammodernamento di un maso – salvandone l’aspetto esteriore – trasformandolo in casa clima, se non in classe A almeno in classe B, inserendo nell’oggetto del concorso anche l’ottimizzazione dei costi di trasformazione di recupero del maso, eventualmente rendendo abitabile il sottotetto.
Nel frattempo potrebbe studiarsi la possibilità di consorziare i proprietari dei masi della Val Casies, allo scopo di realizzare un progetto comune, finalizzato alla trasformazione dei masi in efficienti centri di agriturismo e basato principalmente sui seguenti punti:
1. affidare unitariamente lo progettazione e l’esecuzione di quanto appena detto, incaricando i progettisti anche dello studio dei costi benefici dell’operazione e delle forme di finanziamento attivabili;
2. creare un soggetto unico per dialogare con i Comuni e Provincia per ricevere finanziamenti per la progettazione e realizzazione del recupero edilizio e termico del maso e per la trasformazione all’attività di agriturismo;
3. una volta realizzato il progetto, eventuale gestione consortile di alcuni servizi, quali il marketing, l’ottimizzazione del riempimento dei vari alberghi, gli approvvigionamenti, gli accordi commerciali con le società di trasporto, di sci di fondo o altri servizi;
L’attività di agriturismo avrebbe in conclusione i seguenti benefici effetti:
1. mantenere ed aumentare posti di lavoro diffusi nel territorio, nell’attività ricettiva e nella necessaria connessa attività agricola,
2. conservazione e restauro dei masi, con riduzione dei consumi energetici e minor in-quinamento;
3. mantenimento e cura del territorio, a seguito dell’attività agricola, necessariamente connessa all’agriturismo;
4. aumento della capacità ricettiva, ma con ridotto impatto sul territorio (niente nuove costruzioni, turismo di tipo sobrio, meno invasivo in termini di consumi di risorse, di energia e produzione di rifiuti).

Brunico, 2 settembre 2010
Giorgio Mazzocchi

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